Il contributo dell’ANC alla mia pratica di coaching
“La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.”
Albert Einstein
In un mondo sempre più complesso, l’uomo deve affrontare la resistenza al cambiamento e prendere decisioni nonostante una padronanza incompleta delle situazioni.
Durante una sessione di coaching in cui la posta in gioco è il cambiamento o la paura di andare verso l’ignoto mi baso spesso sulla griglia di lettura dei comportamenti umani proposta dall’Approccio Neurocognitivo e Comportamentale (ANC).
Cos’è l’ANC e qual è il suo valore aggiunto?
L’ANC è il risultato di un approccio multidisciplinare che realizza la sintesi tra le scienze della psicologia cognitiva, le scienze cliniche della terapia comportamentale e le neuroscienze. Descrive in particolare due modi mentali, o modalità in cui il nostro cervello funziona:
- il modo mentale automatico, che ci permette di gestire facilmente le cose che abbiamo imparato attingendo alla nostra esperienza. È grazie a questo modo che scriviamo, camminiamo, guidiamo… Il pilota automatico gestisce gran parte delle nostre attività quotidiane senza che ce ne dobbiamo preoccupare.
- il modo mentale adattivo, che ci permette di adattarci a situazioni inedite, diverse, impreviste. La nostra creatività, l’innovazione, l’improvvisazione, la capacità di risolvere problemi complessi si manifestano in questo modo.
In primo luogo attiviamo sempre il modo automatico, si tratta di un riflesso di protezione che abbiamo sviluppato per millenni per sopravvivere in ambienti ostili. Al contrario, il modo adattivo non si attiva da solo, anche nelle situazioni più complesse o sconosciute in cui ci sarebbe molto utile, dobbiamo attivarlo in modo volontario. Quando attiviamo “erroneamente” il modo automatico invece del modo adattivo, ci mettiamo in stato di stress, perché non troviamo una soluzione al nostro problema immediato.
Questo stress, che spesso viviamo come uno stato sgradevole, è in realtà un messaggio del nostro cervello che ci informa che la nostra visione della situazione è sbagliata, che c’è qualcosa che non abbiamo capito, che potremmo vedere le cose diversamente. È un invito a fare qualcosa per cambiare il nostro atteggiamento per ritrovare il benessere.
“Fare di questo stress il proprio alleato cercando di capire la sua origine automatica per decostruirla” come spiega molto bene Pierre Moorkens – cofondatore dell’Institute of Neurocognitivism – è uno degli apporti più interessanti dell’ANC.
Come fare per prendere la giusta distanza dalle situazioni ed avere pieno accesso a tutte le proprie risorse?
In situazione di stress, la nostra intelligenza adattativa si riduce fortemente in modo da limitare la capacità di analizzare e superare la situazione. Ma la buona notizia è che questa intelligenza adattiva è come un muscolo, si può lavorare, si può “allenarla”. Ciò richiede necessariamente uno sforzo per mettere tutte le cose in prospettive e una profonda connessione con sé stessi per mettere in discussione le proprie certezze e guardare la realtà in modo nuovo per vedere il mondo che ci circonda.
La cosa interessante è che, quando riusciamo a superare una situazione difficile o complessa e a ritrovare la nostra intelligenza adattativa, cumuliamo esperienza ed arricchiamo così la nostra intelligenza automatica (nuove conoscenze, competenze…), questo ci consente di agire in modo diverso e più facilmente la prossima volta che ci troviamo di fronte alla stessa situazione. È un circolo virtuoso!
A questo proposito l’ANC propone diversi strumenti di sviluppo dell’intelligenza adattiva allo scopo di suscitare questa presa di distanza e questa profonda connessione e alimentare questo circolo virtuoso.
Quale utilizzo dell’ANC durante una sessione di coaching?
Come coach utilizzo l’ANC come guida per far emergere i talenti, aiutare le persone a trovare la loro via e nello sviluppo della leadership.
Quando mi rendo conto che il mio interlocutore si trova ad affrontare una situazione di stress o di blocco per le ragioni più diverse, faccio riferimento alla griglia di diagnosi e di modellizzazione ANC per aiutarlo ad approfondire la conoscenza di sé, fare una pausa oppure scegliere per il meglio, ed infine dargli tutte le possibilità di successo.
Per sviluppare le risorse legate al modo adattivo, alcune sessioni di coaching permettono di imparare a passare volontariamente dal modo mentale automatico a quello adattivo, al fine di trovare risposte adatte a situazioni complesse, segnalate da disagio emotivo, comportamentale o mentale (pensieri negativi…).
E in più, trovo che ciò permetta di trasmettere al mio interlocutore degli strumenti con cui può continuare a svilupparsi e a crescere in modo autonomo.
Cosa ne pensi? Hai mai sperimentato situazioni difficili, generatrici di stress per molteplici ragioni, in diverse circostanze?
Hai mai sentito il bisogno di migliorare la capacità di sbloccare queste situazioni o di imparare un nuovo modo di guardare la realtà che ti circonda?
Perché non ne parliamo insieme?
Nota: Questo articolo si propone un obiettivo sia pedagogico che operativo. Corrisponde alla visione e pratica dell’ANC da parte del suo autore. Per le basi scientifiche dell’approccio e degli strumenti qui menzionati, fare riferimento al sito e alle pubblicazioni dell’Istituto di Medicina Ambientale (IME, www.ime.fr), e/o dell’INC (www.neurocognitivism.com).
Source photo : Photononstop (Ingram)